Il ritmo è sostenuto fin dal titolo, incisivo, preciso, tagliente, quasi matematico. Vicino al linguaggio parlato, romano anche nello stile, non fa troppe concessioni alla volgarità diffusa. Georeferenziato con precisione, soprattutto nell’ambientazione nel quartiere di San Lorenzo, appare fin dall’inizio un film scritto o anche un reportage di cronaca nera dei nostri tempi dove amore e morte come in ogni plot che si rispetti è al centro. Con un complimento lo definirei un noir piuttosto che un giallo perché ci risparmia l’effetto scenico e la caccia al colpevole e soprattutto per l’analisi psicologica del protagonista che rende il libro non solo una lettura piacevole da intrattenimento ma un momento di riflessione. La chiave è nelle ultime righe che non svelano una soluzione, ma anzi la sfumano rispetto a quella che appare durante tutta la vicenda la storia centrale.
Il protagonista, studente di Giurisprudenza alla Sapienza, che ha interrotto gli studi per dedicarsi al giornalismo senza grande successo, alla fine trova una sua via: non è rinuncia, non è accomodamento; è piuttosto l’uscita dallo stare a bagno e insieme la fuga dalle illusioni e dai fantasmi del passato, dalla voglia ingenua di gloria portata avanti senza convinzione, determinazione e forse anche con una buona dose di etica. Per andare avanti, ci suggerisce il protagonista, che vediamo sempre come un ragazzo, occorre lasciare andare il passato, voltare pagina e per costruire “cancellare dalla mia testa ogni altra cosa almeno per un po’.” E’ così che la storia con Susanna, rassicurante, diventa l’inizio possibile di una vita di spessore, rispetto ad emozioni evanescenti e a delusioni di persone che ci appaiono nella distanza degli anni “l’esatto contrario appunto”. In effetti il caso che capita al nostro redattore di una rivista di basso profilo “TuttoGiallo” è l’occasione accolta con reticenza all’inizio di un viaggio e di un’indagine dentro se stesso nonché una riflessione sulla società romana di perditempo come i compagni di casa, persi come Sandro dietro a Proust e all’inconsistenza professionale o tifosi accaniti della Roma che diventa il fil rouge di una stagione; e più in generale sulla complessità e ambiguità dei rapporti familiari che si svelano ancora una volta l’esatto contrario delle apparenze. E’ infine un microscopio impietoso che quasi per caso – in questa l’abilità di Giulio Perrone – si posa sulla magistratura rampante che non sforna personaggi in cerca di gloria tutt’altro che lucidi e che non trovano di meglio che mettersi in politica, mentre la scuola è gestita da persone che certo non possono dirsi educatori. L’informazione corona nel personaggio di Dora, l’invito al rigore e al senso del dovere che per prima tradisce. Lo sconcerto non è per l’effetto macabro e violento; è invece per quel senso domestico della corruzione, della perversione che scorre accanto a noi, ci passa vicino, nei luoghi che frequentiamo, si nasconde dietro gli occhiali di persone che salutiamo tutti i giorni e magari nelle parole di persone che per noi rappresentano il sogno di un bacio rimpianto. Anche qui l’esatto contrario: il bacio, lungi da essere la prima rivelazione e l’ingresso nel mondo dell’altro, diventa traditore. O forse, come sembra accorgersi il protagonista ad un certo punto, siamo solo noi che leggiamo l’esatto contrario della realtà.
L’esatto contrario
di Giulio Perrone
Rizzoli, aprile 2015
18,50 euro
Articolo di Ilaria Guidantoni