Consapevole di essere parte della nuova classe dirigente, Giolitti non aspira a diventare un politico. A lungo si considererà un intellettuale prestato alla politica. Il diario è anche il ritratto di questo lato della sua per-sonalità e delle sue letture, dall’amatissima Anna Karenina a Dante, da Racine a Camus, da Flaubert ai pensatori francesi. Il filo che tiene unito tutto questo – e che finirà per prevalere – è però la crescente consapevolezza della responsabilità che gli deriva dalla scelta fatta l’8 settembre di tornare sulle «sue» montagne, tra la «sua» gente, e dare avvio alla Resistenza. È in questi mesi, sia quelli dell’azione che quelli dell’immobilità e della riflessione, che nasce il futuro dirigente, con quella tensione morale che in lui, come in altre personalità che vivono la scelta dell’impegno politico come conseguenza della constatazione dei guasti morali del paese provocati dal fascismo e dalla guerra, ancora ci sorprende.
«Per costruire la pace, occorre anzitutto rieducare gli uomini – in gran parte abbrutiti dalla guerra – alla responsabilità e alla dignità della condizione umana».
Antonio Giolitti (1915-2010), antifascista e partigiano, fu deputato alla Costituente e nelle due prime legislature repubblicane per il Pci. Nel 1957, dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, aderì al Psi, partito per il quale fu deputato dal 1958 al 1979. Sostenitore del centrosinistra, fu più volte ministro nei governi Moro, Rumor e Colombo. Dal 1977 al 1985 ha ricoperto il ruolo di commissario europeo alla politica regionale e al coordinamento dei fondi europei. Lasciato il Psi, nel 1987 è stato eletto senatore come indipendente nelle liste del Pci e nel 1992 si è ritirato dalla politica attiva.
"Di guerra e di pace"
Diario partigiano (1944-45)
a cura di Rosa Giolitti e Mariuccia Salvati
Donzelli editore - Collana Saggine
ISBN 978-88-6843-172-3
pp. 160 │ € 18,00
Fonte: Maddalena Lucarelli, Ufficio stampa Donzelli editore